La zona pliocenica circondante l'abitato di Tarquinia è molto ampia e forma strutture massicce e imponenti come i calcari "macco" sui quali è appoggiata la città, ma anche antiche linee di costa che corrono parallelamente all'attuale litorale e che nascondono informazioni molto importanti sul passato della zona, regalando anche qualche pezzo di eccezionale bellezza e dimensione.
Le zone che ho visitato nei dintorni di Tarquinia (per dintorni intendo massimo 5-6 km dall'abitato) sono principalmente quattro:
- zona di località Pisciarello: un tempo cava, questo "spaccato" calcarenitico mostra la linea di costa pre-eutirreniana formatasi nel Pliocene mostrante fossili tipici dell'ambiente litorale.
- zona dell'Ara della Regina: campi argillosi, sempre di età pliocenica (Pliocene inferiore dalle carte ISPRA) in cui si trovano molluschi ben conservati e di dimensioni non indifferenti.
- sabbie ad echinodermi: ho trovato un affioramento di queste sabbie a nord dell'abitato di Tarquinia, subito fuori dalle mura.
- sabbie a Flabellipecten: molto simili alle precedenti, queste sabbie affiorano nel bosco di Tarquinia, accessibile poco dopo l'imbocco del cimitero, vicino a un tratto dell'acquedotto.
CAVE DI LOCALITA' PISCIARELLO
Gli affioramenti calcarenitici di località Pisciarello sono molto interessanti perchè contengono molluschi e cirripedi di grosse dimensioni, oltre ad offrire un ambiente suggestivo e maestoso.
Innanzitutto raggiungere questo posto è molto semplice, infatti si trova a pochi metri dall'incrocio con la SS1 bis e la SP43 (Via Ripagretta), che è la strada che porta in centro a Tarquinia. Da qui si può parcheggiare in cima alla formazione, nei pressi di alcuni campi a ridosso della discarica, oppure alla sua base, continuando di nemmeno 100 metri in direzione Civitavecchia dove ci si trova uno spiazzo ampio sulla sinistra che guarda direttamente la grande parete gialla.
Una volta arrivati bisogna raggiungere le rocce, e se non si ha un minimo di agilità potrebbe essere abbastanza complesso, attenzione anche alle vipere nel periodo estivo, ai rovi e ai grossi massi in bilico. Nella base della formazione (che è abbastanza facilmente scalabile a mani nude) si cominciano a vedere grosse valve di Pecten jacobaeus, una delle specie-tipo dell'affioramento, incastonate rigidamente nella calcarenite; con più attenzione si possono anche trovare balani solitari o a gruppi. Guardano verso l'alto non si può fare a meno di vedere enormi Ostrea edulis sporgere dalla parete anche di 10 cm; l'ostrica più grande che abbia mai trovato qui misura circa 18 cm di diametro per una decina di altezza (spessore), e pesa circa 3-4 kg. Ho trovato anche gruppi di balani (Balanus cfr. concavus) alti anche 30 mm, e bei balani di colore rossastro (Megabalanus tintinnabulum) in ottime condizioni di conservazione. Le altre specie rinvenibili sono i pettinidi (Pecten jacobaeus, Aequipecten scabrella, Aequipecten opercularis, Chlamys inaequicostalis), gli Spondylus gaederopus, echinodermi (come un presunto Paracentrotus lividus). Vermetidae, Brachiopoda e l'immancabile Cladocora caespitosa.
Queste calcareniti, secondo la carta ISPRA della zona, si sono originate nel Pliocene medio-superiore, e sono state lambite dal mare pre-eutirreniano (secondo Conato e Dai Pra, LINK). La prova che questa parete sia stata effettivamente una falesia la forniscono i fossili di cirripedi che si possono trovare: come detto prima si possono raccogliere numerosi e grossi Balanidae che indicano un ambiente litorale o al massimo mesolitorale, da 0 a pochi metri di profondità. Le grosse ostriche fanno poi pensare a un ambiente turbolento, perennemente bagnato dalle onde e dagli spruzzi: infatti la grande dimensione, il peso e lo spessore di questi bivalvi sono indicatori di un ambente molto movimentato. Il tratto di mare antistante alla falesia doveva essere di tipo sabbioso-arenoso con molti detriti rocciosi e massi: questo si può dedurre dalla presenza di Pecten jacobaeus, che vive esclusivamente in questo tipo di fondali; inoltre la presenza di grossi massi sommersi e riparati avrebbero costituito l'ambiente ideale anche per gli Aequipecten, che vivono ancorati al substrato con il bisso e solo nella "vecchiaia" cominciano la vita da nuotatori liberi. Nella foto sopra, una veduta dalla SS1 bis dell'ex cava di macco qui descritta.
L'antica falesia non affiora solo qui: il luogo nella foto, quello descritto, si trova all'incirca al centro della linea di costa pliocenica. Essa si estende fino a poche centinaia di metri dall'inizio del caseggiato di Tarquinia fino a circa mezzo chilometro dopo la discarica, che si trova affianco all'ex cava di macco. In tutto questo tratto è possibile rinvenire i fossili fin'ora citati.
A destra, legenda delle rocce marchiate come MCC (macco, in loc. Pisciarello) e RGG (sabbie argillose e argille dell'Ara della Regina).
Notare che i periodi di deposizione delle due litologie sono pressochè gli stessi; cambia quindi solo l'ambiente di deposizione e il tipo di sedimento. Infatti, la calcarenite è molto più grossolana dell'argilla e delle sabbie, e contiene clasti che hanno percorso meno distanza per depositarsi.
ARGILLE SABBIOSE DELL'ARA DELLA REGINA
La zona dell'Ara della Regina è immersa nelle enormi colline coltivate che separano Tarquinia da Monteromano. In particolare qui sorge un tempio etrusco (appunto l'Ara della Regina) che domina una porzione più alta di collina affacciata sulla valle sottostante, rendendo il luogo molto suggestivo.
Arrivare qui è altrettanto facile: sulla strada che da Tarquinia va a Monteromano (la SS1 bis), circa 2 km dopo il bivio di loc. Pisciarello, si trova una stradina sulla sinistra passante vicinissimo all'acquedotto dove si trova una grossa cabina (penso sia quella dell'ENEL); percorrendo questa strada per circa un chilometro si giunge al tempio.
I fossili si trovano nei terreni argilloso-sabbiosi circostanti: a destra della strada (quindi dall'altra parte rispetto le rovine) c'è un campo coltivato molto scosceso, che sulla parte più esterna mostra degli sbancamenti. Li si possono trovare grosse Haustator vermicularis, Diloma patulum, Vermetidae e Naticidae. In generale, tutta l'area intorno al tempio interessata dalle arature contiene resti fossili di molluschi; si trovano molto comunemente i calchi della grossa Semicassis laevigata.
SABBIE GIALLE AD ECHINODERMI
Poco fuori Tarquinia, subito dopo aver attraversato le mura rivolte verso Nord, ci si trova davanti a immense pareti di calcarenite e arenaria sulle quali sorge tutta la città. A base di queste rocce affiorano, in alcuni punti, delle sabbie giallastre poco coese contenenti numerosi e ben distinguibili resti di echinodermi, Serpulidae, Pectinidae e molti calchi di gasteropodi e bivalvi.
Raggiungere l'affioramento da me visitato non è difficile: arrivati a "barriera", il capolinea dei bus a Tarquinia, si entra nella porta e si gira subito a sinistra, lungo una strada che fa angolo col museo della città. Arrivati in fondo si troverà una piccola cinta muraria con una porta: la si deve attraversare per sbucare in una piazza con una chiesa, e sulla destra si può notare un muro (fatto anche esso di calcarenite) che poggia sulla formazione del macco. In alcuni punti è possibile vedere dei fossili: oltre ai comuni pettini e qualche ostrica, si possono notare degli interessanti Clypeaster con i gusci bianchi compressi, mai integri. Ne ho trovato uno, completo ma schiacciato delle dimensioni di circa 70 mm.
Proseguendo la strada, ci si trova davanti a un'altra porta: questa è l'ultima da attraversare, e ti porta fuori la cinta muraria della città. Attraversata, è possibile vedere l'affioramento girando a destra lungo la strada asfaltata e percorrendo 100-150 metri: le sabbie si troveranno sul lato destro della strada in una viuzza sterrata rialzata dal piano stradale.
Qui fate attenzione, è proprietà privata (anche se non indicato..) e il "proprietario" potrebbe fare storie. Comunque, la parte "buona" si estende per una decina di metri, è molto friabile e in alcuni punti pericolante.
Scavando minuziosamente con uno scalpello piccolo si possono estrarre frammenti di echinodermi, alcuni con ancora le spine appiattite sul corpo: purtroppo trovarne di interi è molto difficile, e questo capita unicamente con le specie più piccole (tipo quelle della famiglia Echinocyamidae). Si trovano resti di ricci Irregularia.
Oltre agli echinodermi, si possono trovare numerosi calchi di gasteropodi (quelli che sembrano Naticidae e Conidae), bivalvi (Glycymeris?) e presunti brachiopodi (vedi la foto sopra, molto simile a una Terebratula).
Ho trovato anche altre formazioni strane, a cui ancora non so dare un nome: a destra c'è quello che sembra un briozoo e affianco delle scie sabbiose che probabilmente sono ichnofossili, e rappresentano i movimenti di vermi o molluschi.
SABBIE A FLABELLIPECTEN
Le sabbie a Flabellipecten si possono trovare in un tratto boschivo ad est della città di Tarquinia. Per raggiungere il luogo è sufficiente percorrere la SP43 (che collega Tarquinia all'Aurelia bis) e, provenendo dalla SS1 bis, girare sulla destra subito dopo il bivio per il cimitero, riconoscibile dai classici cipressi appuntiti. Ci si trova davanti alla strada raffigurata a sinistra nella foto, passante in mezzo agli archi dell'acquedotto. Già da qui si possono osservare dei fossili nella parete che ci si trova alle spalle guardando l'arco dell'acquedotto: questa piccola parete fa parte della linea di costa descritta nel primo paragrafo, che si può incontrare a località Pisciarello. Lo testimonia la presenza di balani (Megabalanus tintinnabulum) attaccati alle rocce.
Continuando la strada una volta passato l'arco ci si troverà in una sorta di strettoia, un taglio sulla strada tra due pareti di calcarenite molto ravvicinate; queste appaiono sterili, e contengono soltanto delle tracce fossili di lunghi tubi (alcuni anche di 60-70 cm) che testimoniano i movimenti degli animali nel detrito. Una volta raggiunti questa strettoia si gira a sinistra, in una stradina sterrata ed erbosa, e continuando circa 300-400 metri si raggiunge una radura dalla quale, sulla sinistra, si accede all'area interessata. Attualmente (Maggio 2017) questa strada risulta chiusa da un cancello con tanto di lucchetto, e la stradina un tempo libera e percorribile in auto è ora invasa da rovi molto sviluppati: mi piange il cuore a vedere un posto così bello prima visitabile e ora irraggiungibile. Spero ci siano altre vie di accesso a questo bosco; quando tornerò in esplorazione e scoprirò qualcosa, aggiornerò subito questa parte.
Una volta entrati nella macchia si rimane stupiti dalla bellezza di questo luogo: davanti a noi si presenta una valle, che crea un dislivello di almeno 10-15 metri dal punto di ingresso; dietro questa valle si alza una parete di calcarenite e arenaria alta almeno il doppio della profondità della valle. Il tutto è immerso in un paesaggio ombroso, dominato dai colori della natura e dai suoni del bosco.
Qui si possono notare enormi massi staccatisi dalla parete davanti alla valle e rotolati fin dall'altra parte di quest'ultima, ricchi di grossi gusci di Ostrea; gli stessi enormi gusci possono essere trovati sciolti per il terreno del bosco, come se qualcuno li avesse seminati.
Camminando si incontrano queste sabbie grigio-gialle, riconoscibili anche grazie ai profondissimi solchi che si creano alla base delle loro pareti, come se un ipotetico mare le avesse erose creando una rientranza sulla parte più bassa; questo ovviamente non è un meccanismo prodotto dalle acque del mare ma penso sia dovuto alle modalità di ruscellamento delle acque meteoriche, che passando preferibilmente da quei punti tramite gocciolamenti e infiltrazioni ne hanno causato l'erosione differenziale. Comunque, infilando la testa dentro queste fessure (attenzione alle tonnellate di roccia al di sopra del vostro corpo...) si possono vedere enormi Ostrea edulis spuntare dalle sabbie compattate, inattaccate dall'erosione delle acque; tuttavia, i pezzi più belli sono i Flabellipecten flabelliformis, anche loro belli grandi e sporgenti dalle rocce, spessissimo completi di entrambe le valve e in posizione di vita, assolutamente integri. Da qui proviene il pettine più bello della mia collezione, un F. flabelliformis di circa 60-70 mm di diametro, completo e perfettamente conservato, di colore bianco. Oltre a questa specie si possono trovare altre 4 specie di Pectinidae: Flexopecten glaber, Aequipecten opercularis, Palliolum tigerinum e Amusium cristatum. Si trovano anche molti calchi di gasteropodi e bivalvi.
Calcare organico delle sabbie gialle a Flabellipecten del bosco di Tarquinia. Notare la tessitura del sedimento e i resti biologici inglobati all'interno: ci sono varie specie di Pectinidae e calchi di altri molluschi, come una Turritella, un Glycymeris e una Tellina.
Questo corallo è stato trovato nelle calcareniti che affiorano nelle colline intorno a Tarquinia, vicino all'Ara della Regina. E' un modello interno: si vede infatti il negativo dello scheletro dell'animale, cioè quello che un tempo era parte molle; la parte dura si è dissolta e ora il fossile è costituito dal sedimento entrato negli anfratti del calice che col tempo si è litificato. Sembrerebbe appartenere al genere Flabellum, la forma schiacciata e l'ampiezza del corpo ricordano molto la sua forma; purtroppo la parte anteriore è impastata nel sedimento e non è possibile vedere la columella.
Fotografie dell'area di località Pisciarello. Si possono notare i possenti strati di calcarenite, di colore diverso gli uni agli altri, e la grandezza dell'intero affioramento. La prima foto mostra la discarica (che a giudicare dalla foto sembra una cava) che sorge dietro le pareti di roccia. La seconda foto mostra una piccola guglia coperta da detriti rocciosi.
A sinistra, parete roccioso-terrosa incontrabile poco prima di giungere al bosco di Tarquinia; qui si possono trovare piccoli Balanidae, e grazie a questo indizio penso appartenga all'antica linea di costa pliocenica comprendente anche località Pisciarello. A destra, l'area di raccolta vicino all'Ara della Regina: i fossili si trovano in quel piccolo sbancamento argilloso a destra in basso o sciolti nel campo ma danneggiati.
Glans intermedia C
Corbula gibba C
Glycymeris inflata C
Modiolus cfr. barbatus (I) R
Ostrea edulis CC
Pecten jacobaeus C
Aequipecten opercularis C
Aequipecten scabrella CC
Amusium cristatum PF
Flabellipecten flabelliformis CC
Palliolum tigerinum R
Chlamys inaequicostalis PF
Chlamys varia C
Flexopecten glaber PF
Flexopecten flexuosus PF
Spondylus gaederopus R
Venus multilamella PF
Anomia ephippium PF
Semicassis laevigata R
Hexaplex trunculus C
Bolinus brandaris R
Cochlis sp. C
Diloma patulum PF
Haustator vermicularis R
Petaloconchus deshayesi C
Dentalium sexangulum C
Dentalium cfr. inaequicostatum (I) PF
Balanus cfr. concavus C
Megabalanus tintinnabulum PF
Cladocora caespitosa C
Lithothaminum sp. C
Terebratula sp. R
Paracentrotus lividus? PF
Clypeaster sp. C/F
Echinocyamus pusillus? C
Ditrupa cornea C
7 Phylum
23 Famiglie
37 specie
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