Il Rio Rosello è uno dei torrenti che fanno parte della Riserva geologica del Piacenziano, in provincia di Piacenza. Questo piccolo corso d'acqua scorre nei pressi degli abitati di Gropparello e Sariano e vi si accede da una strada asfaltata che, da Sariano, risale la sua valle fluviale. Arrivati in fondo alla strada chiusa, si può parcheggiare nei pressi del cartello che segna l'inizio del territorio della Riserva. Non è possibile proseguire oltre, quindi è molto facile da trovare.
Una volta arrivati, si può scendere nell'alveo da un comodo sentiero ricavato negli argini: penso sia questo l'unico punto utile per scendere perchè il letto del torrente ha scavato una valle abbastanza profonda, a volte con pareti di 3-5 metri verticali. Se si osserva il terreno già si può capire che questo è un luogo molto fossilifero, e più si procede a monte lungo il corso d'acqua più il detrito si infittisce e cominciano a comparire i primi gusci grandi e intatti di Cochlis, Xenophora, Terebra, Fusinus, Aequipecten, Flabellipecten, Cardita, Dentalium, Heteropurpura, Bolinus e Nassarius. Attenzione, la raccolta dei fossili qui è vietata!!!
Il tratto di fiume veramente interessante è posto circa 100-200 metri più a monte del punto di parcheggio. Una volta scesi nell'alveo, occorre camminare poco per notare come la quantità di fossili nel terreno via via aumenta, fino a scomparire del tutto circa 400 metri dalla partenza: qui si possono trovare solo grossi blocchi di argilla blu molto omogenea e compatta, e superiormente ad esse delle sabbie giallastre che testimoniano la transazione da bacino relativamente profondo e tranquillo di golfo a un ambiente di spiaggia sommersa di minore profondità. Questa alternanza tra livelli argillosi e sabbiosi, tutti abbastanza diversi l'un l'altro, si può notare spesso lungo le pareti verticali in alcuni punti del letto. Ovviamente i ritrovamenti fossiliferi varieranno a seconda del grado di dilavamento dei sedimenti, frane e movimenti vari del terreno: la situazione descritta si riferisce quindi a quando ho visitato questo luogo (Settembre 2017), giorno in cui il torrente era praticamente secco grazie alla siccità dell'estate..
Guardando la carta geologica si nota che il torrente scava le rocce del tipo KER: sono siltiti e peliti (argille composte da granuli rispettivamente di 1/16<x<1/256 mm e x<1/16 mm) risalenti al Pliocene medio-inferiore; al di sopra sono posizionate le argille BDG, del Pliocene medio-superiore.
Tutto sommato questo torrente non è molto diverso dagli altri che costituiscono la Riserva.
Da questi "indizi" ci arriva un chiaro messaggio per quel che riguarda le condizioni ambientali e il paleoambiente. Innanzitutto questa parte di golfo padano doveva essere molto prospera: questo lo si capisce dalla quantità e dalla qualità dei fossili che si trovano nelle argille, che comprendono migliaia e migliaia di gusci di bivalvi fossòri molto concentrati e piccoli (che quindi dovevano essere predati piuttosto rapidamente dopo la loro nascita), con i caratteristici fori rotondi che indicano la predazione da parte di Muricidae o Naticidae. Anche i predatori non mancano, anzi: molti sono di dimensioni ben ragguardevoli come testimoniano gli opercoli di Cochlis lunghi anche 40 mm.
La fauna è tropicale o comunque di acque calde, come si evince facilmente dalla presenza di Terebridae (come Hastula o Strioterebrum). Riguardo la profondità, penso che nella parte inferiore del Pliocene si sia mantenuta relativamente bassa, tipica di un mare interno che forma un golfo e questo si capisce dalla presenza stessa delle argille (che possono depositarsi in queste condizioni tranquille e calme) e dal ritrovamento di scheletri di balene: alcune decine di metri, ovviamente variabile in funzione del tempo. Qui al Rosello sembrano esserci specie che vivono anche in acque relativamente profonde (come le Xenophore o le Corbula gibba), che dovevano abitare direttamente il fondo del bacino, ed altre che si possono trovare anche a pochi metri di profondità, come Spisula o Nassarius. Altre specie sono tipiche di praterie di fanerogame come i bivalvi della famiglia Pinnidae (come Atrina, i quali frammenti madreperlacei sono comuni) o i piccoli Bittium. Sembrerebbe quindi un mix di vari ambienti, presenti a profondità minori, i quali organismi sono stati trasportati sul fondo dell'esteso ma poco profondo mare che formava il Golfo Padano riempendolo gradualmente di sedimenti molto fini ricchi di fossili.
A breve eseguirò un analisi dettagliata del detrito e delle specie macroscopiche che abbiamo trovato: questo mi permetterà di stilare una lista abbastanza completa delle specie presenti e di quelle che si trovano nel detrito, molto importanti per ricavare informazioni paleoambientali e cronologiche.
Il letto del torrente. Le pareti possono essere anche verticali e molto alte, costituite completamente da argilla e superiormente da sabbie. Molto spesso le pareti sono sterili o comunque contengono pochissimi fossili, mentre il fondo dell'alveo ne è pieno: questo perchè quando le pareti franano, l'acqua del torrente lava le argille trascinandole via mentre i gusci più grandi e pesanti rimangono.
Alcuni ritrovamenti del luogo: a sinistra un Fusinus longiroster lungo ben 85 mm, a destra un frammento di Flabellipecten flabelliformis. Non è raro trovare in questo torrente degli esemplari molto grandi, a volte anche integri. Abbiamo trovato grandi Xenophora crispa, Cochlis sp., un Ficus ben conservato e numerose Semicassis laevigata.
Altre immagini del luogo. A sinistra, il punto dove abbiamo parcheggiato, a 10 metri dal pannello informativo. A destra, una piccola frana laterale che mette bene in mostra le argille blu, creando un grande contrasto con il marrone-verde dell'ambiente circostante.
In allestimento...
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