L'area calanchiva del Rio Rocca è una regione molto grande scavata nelle argille azzurre plioceniche, che contiene varie testimonianze del golfo padano che nel Pliocene interessava l'area. Queste argille si sono depositate in un bacino calmo e protetto dal mare aperto, dove le correnti sono relativamente lente e il tasso di decantazione è alto, permettendo la deposizione delle particelle più fini accompagnate dai resti degli organismi che vi vivevano sopra o che provenivano dagli strati d'acqua più alti. Le argille che compongono i fianchi ripidi dei calanchi sono, almeno superficialmente, rimaneggiate dalle acque meteoriche: infatti al loro interno oltre ai fossili di molluschi marini si possono trovare resti di esseri viventi moderni come ossicine di lucertole, mute di isopodi, fusti di piante o altri resti organici vari. Non si tratta quindi di un affioramento diretto di argille azzurre plioceniche, ma piuttosto di un luogo nel quale loro di ridepositano. Gli unici pezzi dove le argille si presentano "in situ", cioè dove si sono depositate, sono le pareti pressochè verticali che si vedono in cima ai calanchi.
A sinistra si può vedere il percorso che abbiamo fatto per esplorare parte di questi calanchi; nella mappa (presa da Google Earth) si può vedere soltanto una parte della formazione calanchiva, quella più meridionale. Abbiamo deciso di affrontarli dal basso verso l'alto data la grande pericolosità e l'inaccessibilità delle pareti superiori verticali e instabili.
Il bosco dal quale vi si accede è molto bello ma anche ostico e intricato: prati ombrosi di equiseti si alternano ad alberi radi e sottili e a distese di piante spinose (rovi, cardi). Nella parte più bassa ci sono gli scoli dei pendii e il terreno è abbastanza instabile, quindi attenzione a dove si mette i piedi perchè è praticamente assente la roccia mentre predomina il fango e l'argilla. Già da qui si possono notare piccoli frammenti fossili scesi a valle dai calanchi: si vedono soprattutto Dentalium sexangulum e Aspa marginata (che molti conosceranno come Gynereum marginatum) insieme a molto materiale frammentario di bivalvi. Continuando a salire lungo il bosco si raggiungeranno aree più soleggiate ed aperte dominate dalle ginestre e dalle piante erbacee o arbusti, compresi i "simpatici" rovi. Scalando i pendii dei calanchi si possono vedere altri molluschi,
come Turris contigua, Turricula dimidiata, Aphorrais e Turritella tricarinata, oltre che ad alcune specie di Cochlis. Altre specie che ho rinvenuto sono Crassispira sejuncta, Aequipecten scabrella, frammenti di Ficus, Petaloconchus sp. e un Haustator vermicularis.
E' interessante notare che la parte superiore dei calcanchi è di un colore giallo ocra: sono le sabbie del membro di San Valentino (sulla carte geologica segnate come FAA6) che superiormente prendono il posto delle argille azzurre FAA; questo segna il passaggio da un fondale reltivamente profondo a uno poco profondo, dove si depositano le sabbie, e che piano piano emergerà dal mare.
Qui al Rio Rocca (o Rio della Rocca) non si trovano solo molluschi: sepolti nelle argille ci sono anche resti di Serpulidae (che ho trovato personalmente) ma anche coralli come i Flabellum o resti di echinodermi e briozoi. Sono famosi anche due ritrovamenti di cetacei del
genere Balenula e Balaena, entrambi esposti a Reggio Emilia nel museo e nell'Università.
Ma quali aspetti paleoambientali ci può svelare questa zona? Innanzitutto, l'indizio più lampante e immediato è che nel Pliocene medio (Piacenziano) quest'area era ricoperta indubbiamente dal mare. Possiamo ricavare varie informazioni riguardo a questo mare dalle tracce dei fossili e dalla litologia presente, cioè l'argilla.
I fossili parlano chiaro: questo tratto di costa doveva essere più o meno simile a quelli attuali adriatici perchè le associazioni di organismi presenti sono simili, tranne che per alcune specie che hanno un carattere sub-tropicale: infatti Aspa marginata abita tutt'ora le coste atlantiche africane fino al Senegal e le Canarie; il genere Terebra è tipico di temperature più alte così come Strombus bubionus (molluschi che non ho trovato di persona ma che sono stati scoperti in zona). Da questa associazione di specie otteniamo quindi che questo mare debba essere stato più caldo di quello attuale. Le argille e i resti di balena possono invece darci un'idea della profondità: sicuramente queste acque erano calme e abbastanza profonde, dato che vi nuotavano balene e che le argille hanno bisogno di un ambiente tranquillo e lontano dai moti ondosi per depositarsi. Inoltre i molluschi ritrovati, non essendo di ambienti eccezionalmente profondi, dovrebbero limitare le stime di profondità anche se molti sono stati sicuramente depositati post-mortem dalle correnti e dalla gravità che li ha mischiati con le argille del fondo oceanico. Allo stato attuale degli studi, si ritiene che la profondità massima dell'area sia di qualche decina di metri.
Molte delle informazioni che ho riportato le ho acquisite da questo documento (LINK), disponibile su ResearchGate, riguardante uno studio multidisciplinare di tutta l'area del Rio Rocca. E' molto interessante perchè parla anche della conservazione dell'ambiente, la flora e la fauna, l'impatto antropico e ovviamente della geologia e dei ritrovamenti fossili. Consiglio vivamente di leggerlo prima di andarci!
Alcuni dei pezzi ritrovati nei calanchi del Rio Rocca. Da sx verso dx: Dentalium sexangulum, Crassispira sejuncta, Turris contigua (o Gemmula contigua), Aspa marginata.
A sinistra, la strada che porta alla pista da motocross davanti la quale abbiamo parcheggiato; si notano macchinari della cava (penso che sia inattiva). A destra, il panorama dei calanchi visibile da valle.
Viste delle creste dei calanchi, nei loro punti più alti, fotografate dopo aver effettuato l'arrampicata fino alle cime. Si notano le alternanze di livelli sabbiosi (giallo ocra) e argillosi (grigio-azzurri).
A sinistra, panoramica dei pezzi trovati durante la gita. A destra, il fondo di un solco calanchivo nel quale si accumula acqua e frammenti di molluschi.
In allestimento...
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