Ho scoperto questo posto per caso: fine estate 2017, stavo facendo un giro per i campi intorno all'Ara della Regina (già descritti QUI) quando, per provare una strada alternativa per il ritorno, vidi da lontano queste sabbie gialle che affioravano in mezzo alla vegetazione e al grigiastro della argille circostanti. Decisi quindi di fermarmi per controllare e trovai questo affioramento ancora intatto, che si presenta così come è stato deposto. Questa condizione si evince da alcuni fattori: innanzitutto il terreno non è coltivato (incolto perchè, credo, troppo pendente e irregolare oppure per la povertà di queste sabbie) e il grado di dilavamento è molto alto tale da rendere il terreno liscio e piatto. Questo fa pensare a un costante ricambio della superficie e quindi un continuo affiorare di nuovi fossili: ovviamente, se nessuno li tocca o modifica la conformazione del terreno, questi fossili sono nella stessa identica posizione in cui sono stati deposti. Si nota quindi un
certo schema nella disposizione degli accumuli e delle conchiglie al loro interno. Cosa dire riguardo alla parallelità ben visibile di queste "strisce" di fossili? Questa formazione è sicuramente generata dalla correnti di fondo che ammassano le conchiglie nei luoghi di maggior resistenza (il fenomeno fisico è molto difficile da studiare precisamente perchè pieno di variabili, come la presenza di ostacoli come massi o dune, l'intensità della corrente e la sua variabilità, la profondità, la granulometria, la bioturbazione...). Queste conchiglie, una volta deposte, si allineano a seconda delle loro posizioni di equilibrio, cioè con la massima idrodinamicità. Ecco quindi che, analizzando da vicino i fossili prima di estrarli, si può intuire lo schema della corrente dall'osservazione dell'orientazione dei fossili. Nell'immagine sotto si vede come gli assi idrodinamici dei molluschi bivalvi si siano, una volta toccato il fondo, allineati con la direzione di minor resistenza offerta alla corrente.
Ovviamente non tutti gli assi sono disposti esattamente allo stesso modo: sul fondo intervengono infatti anche altre forze di entità superiore a quelle delle correnti come ad esempio il contatto tra i gusci o qualche organismo che rovista i resti per trovare cibo.
E' interessante vedere come la direzione degli accumuli sia, su scala di affioramento, non parallela a quella del mare attuale come ci si potrebbe invece aspettare. Eppure non ne siamo molto lontani, sono circa 10 km in linea d'aria. Qui vorrei dare alcuni pareri, anche se magari potrebbero essere sbagliati per via della mia incompleta esperienza sul campo o per mancanza di conoscenze: prendendo come direzione principale quella dell'attuale linea di costa (approssimabile in piccola scala come una linea SSE-NNO) e confrontandola con la direzione degli accumuli (che è approssimabile a una linea SSO-NNE) si nota che la linea di costa potrebbe essere variata in direzione (intesa come inclinazione N-S), oltre che ovviamente in vicinanza alle odierne terre emerse. Poco più a nord di questo affioramento scorre il fiume Marta: è possibile quindi che, quando queste sabbie si sono depositate, la linea di costa non era lineare come oggi ma presentava un'insenatura in direzione all'incirca ENE tale da esporre il fondale in oggetto a correnti provenienti da NNO? Secondo me potrebbe essere plausibile una situazione del genere: nel Pliocene, quando questo affioramento faceva parte di un fondale nel piano circalitorale (45-150 metri circa, variabile), la costa in questo punto presentava un'insenatura derivata probabilmente dallo sbocco in mare del paleo-fiume Marta (o forse un corso d'acqua completamente diverso, dato che nel Pleistocene il territorio verrà sconvolto da massicce eruzioni vulcaniche) che scorreva all'epoca tra le rocce mesozoiche che stavano lentamente sollevandosi con gli appennini, tra cui i flysh della Tolfa? Questo potrebbe essere plausibile se si ipotizza che la corrente arrivi perpendicolarmente al "mare aperto", e che quindi colpisca la costa formando due angoli retti. Quest'ultima supposizione l'ho adottata per esperienza personale, dato che anche oggi quando ci si immerge nel mare attuale tra Montalto e Civitavecchia si notano accumuli isoorientati perpendicolarmente al mare aperto, a patto di non essere in prossimità di grandi ostacoli come scogli o di esserci qualche insenatura. Per ora rimango con questa convinzione, sperando che con l'aumentare dell'esperienza io possa in futuro confermare o confutare questa intuizione.
Riguardo la fauna fossile rinvenibile, in questo affioramento è presente un associazione a bivalvi tipici di fondo sabbioso: si possono trovare grossi esemplari di specie fossorie, spesso ancora in posizione vitale con le valve chiuse, oppure accumuli di bivalvi disarticolati e sparsi. Non troppo comuni sono i gasteropodi: più che altro è difficile trovarne integri. Anche i bivalvi versano in condizioni spesso inaccettabili, sono erosi dalla sabbia e dai detriti che scendono lungo il pendio e sono spesso decalcificati. A volte estrarli è impossibile perchè si polverizzano non appena toccati: quello che consiglio in situazioni del genere è di estrarre un intero blocco di sabbia e poi pulirlo a casa con strumenti di precisione in modo da non estrarre completamente il fossile dalla sabbia.
I bivalvi più comuni da trovare qui sono soprattutto Flabellipecten flabelliformis (in esemplari integri e molto grandi, anche di 80 mm di diametro), Barbatia mytiloides, Cerastoderma glacuum, Cerithium cfr. crenatum (anche di 50-60 mm), grossi frammenti di Cardium cfr. hians, le onnipresenti Ostrea e altre specie di Pectinidae (prima in assoluto Aequipecten scabrella). Sono presenti anche Lucinidae che devo ancora classificare: questi bivalvi possono essere trovati isolati dagli altri accumuli, conficcati perpendicolarmente al terreno e con entrambe le valve unite, in posizione di vita. E' molto probabile che questi esemplari si siano quindi fossilizzati perchè morti all'interno del sedimento, e di fatto sono molto ben conservati e dai gusci ancora lucenti e non frammentati, a differenza delle conchiglie nei depositi a bande che sono sicuramente state rimaneggiate molto post mortem. Frequenti anche i frammenti madreperlacei di bivalvi della famiglia Pinnidae (Atrina sp. o Pinna sp.), che data la loro vicinanza ad ambienti di posidonieto ma anche di coralligeno farebbero pensare a questi tipi di habitat.
In conclusione, questo piccolo pezzo di fondale ben conservato del Piacenziano permette di intuire come era organizzato il territorio circa 2,5-3 milioni di anni fa, e offre anche buoni spunti per imparare qualcosa di nuovo sulla fossilizzazione e sulla tafonomia.
Arrivare in questo affioramento è piuttosto semplice: dalla strada Aurelia Bis che collega Tarquinia a Monteromano occorre svoltare verso la zona archeologica etrusca "Ara della Regina", a sinistra se si viene da Tarquinia o a destra se si viene da Monteromano, come indicato sulla mappa sopra. Una volta imboccata la strada ghiaiata, proseguire dritto per circa 5 km: una volta arrivati, l'affioramento sarà sulla destra dietro a un piccolo campo coltivato ai quali lati si può parcheggiare la macchina. E' molto comodo perchè il luogo di scavo si trova a 10-20 metri da dove si lascia l'auto, è privo di vegetazione e l'inclinazione non è così eccessiva da scomodare.
Attenzione se si decide di andare qui nei mesi più piovosi o freddi, infatti la strada è ghiaiata e più si prosegue più diventa dissestata, riempendosi di pozze profonde o solchi pericolosi per la macchina. Con il caldo è perfettamente percorribile con qualsiasi auto normale.
A sinistra, la strada che dall'Ara della Regina arriva all'affioramento. Essendo ghiaiata e frequentata da greggi e trattori, è in alcuni punti dissestata e di inverno può essere impraticabile. A destra, la visione panoramica della zona.
I solchi che l'acqua meteorica crea scendendo verso valle incidono questo pendio ed espongono all'atmosfera i fossili. Il terreno è particolarmente liscio in alcuni punti, essendo costituito da sabbia fine molto omogenea.
A sinistra ho evidenziato con linee rosse i margini di ciascuna banda di deposizione. Oltre alle conchiglie, questi depositi comprendono anche pietre come quelle grandi visibili in foto: sono principalmente arenarie, spesso concrezionate, oppure rocce del substrato mesozoico-cenozoico appartenenti ai flysch della Tolfa, che probabilmente costituivano il fondo del mare sul quale, nel Pliocene, si depositò mano a mano la sabbia e l'argilla.
A sinistra, una pietra arenacea costituita da sabbia fine compattata e comprendente sia gusci (molto usurati) che calchi e modelli interni. Si vede nell'angolo in alto a destra un Pectinidae, dalla forma sembra un Flabellipecten flabelliformis. Si notano anche altri bivalvi fossori (Donacidae?), altri pettini, alcuni Cardiidae. A destra, immagine del terreno.
(ancora in allestimento...)
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