Sant'Agostino rappresenta un ottimo esempio di spiaggia fossile. Gli organismi che oggi sono incastonati nella roccia vivevano nella zona circa 100.000 anni fa: dalla loro analisi è possibile capire che non è cambiato molto in termini di specie e della loro evoluzione. In termini di associazioni fossilifere e biodiversità si può dire invece che il mare neotirreniano era pullulante di vita e magari anche più caldo di oggi, dato che quel periodo coincide con l'interglaciale Riss-Wurm. Vediamo la carta geologica del luogo e cosa ci rivela:
L'area di interesse è quella costiera, marchiata sulla mappa con Qt. La legenda parla di terreni tirreniani-olocenici (cioè da circa 400.000 anni fa ad oggi, le stime cambiano a seconda degli autori di riferimento).
In questi sedimenti, a differenza di quelli pliocenici della zona, si possono trovare all'interno dei clasti vulcanici: questa caratteristica è presto spiegata, dato che il vulcanismo della Tuscia ha inizio principalmente con i vulcani Cimino, Vulsino e Sabatino (attivi in un periodo durato circa un milione e mezzo di anni). Si possono trovare infatti resti di pomici, trachiti e tufi, oltre a minuti cristallini di minerali riconducibili all'attività vulcanica dei tre laghi (come biotite, olivina, sanidino,
feldspati alcalini); è interessante sapere che grazie all'analisi di questi frammenti di rocce ignee si può risalire al vulcano che li ha eruttati e alla fase in cui sono stati espulsi, identificando con buona approssimazione l'età della roccia interessata.
Come detto prima, l'ambiente di deposizione delle rocce in questione risale al Neotirreniano (fonte in LINK); questo periodo a seconda degli autori che hanno studiato i sedimenti pleistocenici varia, ma secondo questo LINK si può piazzare tra i due eventi glaciali Wurm I e Wurm II, poco dopo l'interglaciale Riss-Wurm (citato prima per semplificazione); lo stesso Neotirreniano viene chiamato, sempre in questo documento, Tirreniano III, e si attesta tra i 116.000 e i 72.000 anni fa.
Una volta inquadrate in questo periodo storico, le rocce di Sant'Agostino possono essere definite "calcari a panchina". La "panchina" è un particolare tipo di deposizione dei detriti sulla costa: le onde, erodendo mano a mano il litorale, ne sgretolano le rocce, che possono essere costituite da qualsiasi altro sedimento o da panchina stessa; mescolandosi con i gusci degli organismi viventi in quel tratto di costa questi detriti si depositano sotto le falesie o le pareti rocciose erose, formando uno strato di detriti mal classati ed eterogenei. Il tempo e la chimica faranno il resto: piano piano l'acqua del mare solubilizzerà il carbonato di calcio e, una volta ridepositato sui clasti e sui gusci, li cementerà formando una roccia compatta e dura.
Questo è quello che è successo in questo tratto di costa, e i vari strati e la loro inclinazione verso il mare sono la prova che questo meccanismo è successo più volte e in vari stadi, infatti non abbiamo un solo strato ma almeno tre, diversi sia come composizione e struttura delle rocce che come resti fossili. Nella foto in alto a destra si possono notare i due strati costieri contenenti fossili: quello più vicino all'acqua, di colore nerastro (per l'alterazione superficiale) è di grana più fine e contiene unicamente grossi gusci di Bolma rugosa e pochissime altre specie, rimaneggiate e danneggiate; lo strato "buono", quello rossastro, affiora a partire da circa 5 metri dall'acqua, ed ha una grana più grossa ed eterogenea, oltre a contenere la maggior parte dei fossili. L'ultimo strato è quello attuale, costituito da sedimenti ormai podogenizzati (trasformati in suolo), di colore rossastro, sterile a livello fossilifero e dove cresce la vegetazione.
Nella foto, il litorale che va da Sant'Agostino a Torre Valdaliga.
Ultimamente, girovagando sul web, ho trovato un documento (LINK) che parla di un deposito del periodo Tirreniano rinvenuto durante la costruzione di fondamenta di case in piena città di Livorno; incuriosito dall'affinità temporale con Sant'Agostino, sono andato a leggere il documento e visionare le immagini: è molto interessante come la maggior parte delle specie e delle loro associazioni siano della stessa tipologia di quella qui descritta; inoltre le immagini delle rocce e dei fossili sembrano scattate a Sant'Agostino o sembrano ritrarre i suoi fossili: una somiglianza sorprendente soprattutto con i gusci di Homalopoma sanguineum, Bolma rugosa, Rissoina bruguieri e altre specie molto comuni come Cardita calyculata o i Cerithium. Anche l'ambiente e le modalità di deposizione delle rocce di queste due località sono molto simili e correlate tra di loro.
I fossili di Sant'Agostino rappresentano un ambiente prettamente roccioso, e le specie sono pressochè le stesse che si incontrerebbero immergendosi nelle acque antistanti. Si può dire quindi che in tutto questo tempo sia cambiato poco in termini faunistici, anche se oggi con l'estremo inquinamento prodotto dalla centrale di Civitavecchia ci sono molti meno molluschi, rimpiazzati da varia immondizia...
La specie dominante è sicuramente Bolma rugosa: la si trova in ogni masso della spiaggia, in esemplari integri o danneggiati, frammenti o opercoli, sezionata o sotto forma di calco: molto spesso raggiungono dimensioni ragguardevoli e formano gruppi anche di 10-15 pezzi tutti ravvicinati. E' proprio grazie a questo mollusco che ho scoperto questa zona: non possono non essere visti i suoi grossi e ben conservati gusci. Alcuni mostrano ancora la madreperla e tutti i dettagli della decorazione.
Altri molluschi molto comuni sono i Cerithiidae: abbiamo i classici Cerithium vulgatum, Cerithium lividulum e Bittium reticulatum che, apparte l'ultimo, sono spesso erosi o danneggiati. Anche i Trochidae sono ben rappresentati: almeno 3 specie di Jujubinus, 2 di Clanculus, qualche Gibbula. Sul marrone-ocra dei calcari risalta inoltre il rosso degli Homalopoma sanguineum, un Turbinidae anche esso molto comune qui: spesso associato alle Bolma rugosa, lo si trova anche in gruppetti di 3-4 ravvicinati, perfetti e con la colorazione conservata. Per quanto riguarda i bivalvi, sono molto comuni i Pectinidae e le Barbatia barbata; i primi sono spesso distrutti per colpa dei loro sottili gusci, mentre le seconde essendo massicce si fanno estrarre molto bene, ed è possibile trovare grossi esemplari ancora colorati.
I "pezzi forti" della zona sono sicuramente i molluschi più grandi e ricercati: parlo di Bursa scrobilator, Haliotis tuberculata e Spondylus gaederopus: tre conchiglie bellissime che quando vengono trovate destano molta soddisfazione. Purtroppo le Bursidae sono spesso frammentate o erose, anche se sono di dimensioni non indifferenti. Gli Spondylidae vengono ritrovati talvolta in perfette condizioni, con la loro colorazione rossa e le particolari spine; infine le Haliotis sono comuni, ma occorre saperle cercare perchè sono ben nascoste. Purtroppo la roccia della spiaggia di Sant'Agostino è molto dura, quindi estrarre i fragilissimi gusci di questo mollusco è molto difficoltoso e porta spesso a una delusione; tuttavia, circa un esemplare su dieci si presenta ben scoperto e raccoglibile.
A destra possiamo vedere un esempio di calcarenite organica trovata in prossimità degli strati rossi prima citati, quelli molto fossiliferi. Vediamo che, in mezzo alla pasta formata da bioclasti, ci sono esemplari completi di Trochidae e Cerithiidae.
Masso con abbondante Cladocora caespitosa. Questo corallo è presente in grandi quantità in questa spiaggia: si possono trovare grosse colonie ramificate, come quella in foto, o rami isolati come quelli della Macchia della Turchina.
Fossili tipici dei calcari di Sant'Agostino: a sinistra, due Haliotis tuberculata in mezzo a un gruppo di Barbatia barbata. A destra, gusci erosi e danneggiati di Bolma rugosa. E' possibile notare, in tutte e due le foto, frequenti incrostazioni biancastre da attribuire anche alle alghe calcaree Lithothamnium.
Foto di rocce sul posto contenenti resti fossili. A sinistra si notano due frammenti di Homalopoma sanguineum insieme a diverse Bolma rugosa sezionate; il tutto è immerso in un pasta formata da numerosi clasti, piccoli e spigolosi, e pezzi di molluschi o alghe coralline. A destra, si può vedere una parte di Clanculus corallinus affiorare da una matrice formata da frammenti rocciosi molto più piccoli e meglio classati.
Barbatia barbata CC
Lima lima C
Spondylus gaederopus PF
Aequipecten cfr. scabrella PF
Striarca lactea CC
Arca cfr. tetragona C
Acar clathrata (I) PF
Cardita calyculata CC
Chama gryphoides C
Goodallia macandrewi (I) PF
Atrina pectinata C/F
Lithothamnium sp. CC
Cladocora caespitosa CC
Bursa scrobilator R
Cerithium vulgatum CC
Cerithium lividulum C
Cerithium varicosum (I) C
Haliotis tuberculata PF
Muricopsis cristata C
Columbella rustica CC
Diodora italica PF
Hexaplex truncatula (I) R
Hexaplex trunculus PF
Nassarius nitidus C
Bittium latreilli CC
Vexillum ebenus PF
Diodora graeca PF
Patella ferruginea R
Patella caerulea R
Porella coronata (I) C
Charonia lampas RR
Gibbula divaricata f. strangulata PF
Jujubinus montagui PF
Jujubinus exasperatus CC
Jujubinus gravinae (I) R
Clanculus crociatus PF
Clanculus corallinus C
Vermetus triquetrus C
Bolma rugosa CC
Homalopoma sanguineum C
Nassarius pygmaeus C
Alvania cfr. mamillata C
Alvania cfr. hirta C
Alvania cfr. cancellata C
Alvania cfr. parvula C
Alvania cfr. consociella C
Manzonia crassa C
Rissoina bruguieri CC
Rissoa variabilis CC
4 Phylum
22 Famiglie
47 specie
Clicca in LINK per vedere le tavole sistematiche dei fossili di questo giacimento.