Gli Spondylidae sembrano ostriche rotondeggianti molto spinose; sono infatti affini a queste, con le quali condividono alcune caratteristiche come la vita sessile, le grandi dimensioni, valve molto calcificate e spesse e dalla forma e costolatura irregolari; hanno anche qualcosa dei Pectinidae, come una cerniera isodonte molto simile (ma non uguale: quella dei Pectinidae non è compresa in nessuna tipologia) e la forma che nella sua irregolarità mantiene il bordo ventrale rotondo.
Questa famiglia di grandi bivalvi non è molto rara qui nella Tuscia: è uno dei gruppi di molluschi ritrovabili in più rocce, infatti grossi esemplari provengono dalle calcareniti di Tarquinia mentre altri, più piccoli ma meglio conservati, provengono da Sant'Agostino: qui hanno mantenuto la colorazione (rossastra perchè trattasi di Spondylus gaederopus) e le sottili spine.
La specie più comune nel Mediterraneo odierno è sicuramente Spondylus gaederopus: c'è anche un'altra specie endemica (Spondylus gussonii), mentre le altre sono tutte lessepsiane (passate dal canale di Suez).
Grosso e massiccio bivalve dalla forma rotondeggiante spinosa e irregolare. La valva fissa è molto calcificata e spessa, simile a quella di certe ostriche, dalle quali si riconosce però principalmente dalla scultura e dalla spinosità. La valva libera è invece più sottile, meno irregolare di quella fissa ed è sede della maggiore spinosità, che può essere da quasi assente a molto sviluppata. Le coste sono radiali, morbide, poco fitte e molto grandi; si intersecano fini linee concentriche di accrescimento, molto fitte. Il bordo interno della valva è solcato da fitte linee radiali; la cerniera ha la classica forma della famiglia, la isodonte: si tratta di una fossetta centrale più o meno triangolare e varie crenulazioni ai lati dove risiede un potente legamento.
I caratteri per il riconoscimento di questo mollusco sono quindi: la cerniera (anche se non sempre visibile), le dimensioni, la forma, le spine e le coste. Essendo sessile è un indicatore di fondo roccioso, al pari delle ostriche del genere Ostrea: si trovano infatti esemplari di questa specie nelle calcareniti di Tarquinia, proprio sulla linea di costa pliocenica (vedi "colline di Tarquinia" in luoghi di ritrovamento) e nei calcari a panchina di Sant'Agostino, di carattere roccioso. Evidentemente il guscio di questo bivalve è meno resistente di quelli di Ostrea, infatti sulle colline tarquiniesi si trovano solo grossi esemplari frammentati affianco a grosse ostriche integre, mentre a Sant'Agostino si trovano bellissimi esemplari completi.