I pettini sono bivalvi molto comuni, ritrovabili in moltissime litologie come le argille, i calcari, le arenarie. Qui nella Tuscia se ne possono trovare tantissimi, suddivisi in 10 specie (per ora) e dalle dimensioni variabilissime. Se ne trovano nella zona della Macchia della Turchina (Aequipecten opercularis, Mimachlamys varia), nelle colline intorno a Tarquinia (Pecten jacobaeus, Aequipecten opercularis, Amusium cristatum, Aequipecten scabrella), nel bosco di Tarquinia (Flabellipecten flabelliformis, Palliolum tigerinum, Chlamys inaequicostalis, Flexopecten glaber) ma anche a Sant'Agostino (Aequipecten opercularis, Aequipecten scabrella) e sparsi in molti altri luoghi come la valle del Mignone e le colline mesozoiche di Monteromano, dove si trovano grossi calchi immersi nelle torbiditi.
Riconoscerli è relativamente facile, apparte per gli esemplari giovanili che sono spesso molto ambigui soprattutto all'interno dello stesso genere. In generale come caratteri discriminatori si usano la forma della conchiglia e delle coste, il loro numero e quanto sono marcate, la convessità o concavità delle valve, le orecchie (come sono disposte, se sono simmetriche ecc.) e, di meno, la dimensione.
Questo LINK raccoglie i caratteri distintivi di alcune specie di Pectinidae tra le più comuni rinvenibili nel Pliocene spagnolo: la maggior parte delle specie descritte si trova anche in Italia.
Come "riassunto" di alcuni contenuti del documento linkato, cito ora i generi di Pectinidae principali del Pliocene italiano e ne espongo la chiave di classificazione:
- Genere Aequipecten: forma rotonda inequilaterale, conchiglia biconvessa, costole radiali ben marcate, orecchie con evidente costolatura, attaccatura del bisso superficiale, spesso ornate da minuscole linee concentriche.
- Genere Chlamys: conchiglie biconvesse (con convessità diverse delle due valve), attaccatura del bisso profonda, orecchie anteriori più grandi delle posteriori, decorazione costituita da coste radiali e piccole concentriche.
- Genere Flexopecten: forma rotonda, valva destra più piatta della sinistra, le coste (di minore numero rispetto agli altri generi, solitamente) al centro della valva sono più larghe e sviluppate di quelle ai lati, inoltre sono morbide e meno marcate degli altri generi.
- Genere Palliolum: orecchie triangolari simili l'une alle altre, forma della valva rotonda senza nessuna ornamentazione evidente.
- Genere Amusium: conchiglie molto sottili e fragili, rotonde, orecchie molto piccole, ornati solo da linee concentriche.
- Genere Flabellipecten: conchiglie biconvesse o con una valva piatta, orecchie simili, nessun attaccatura del bisso e ornamentazione di coste molto basse ma ben visibili.
- Genere Pecten: valva destra convessa, quella sinistra è concava o piatta, nessun bisso (forme nuotatrici) e orecchie simili; ornamentazione spesso molto marcata ed elevata.
I generi meno comuni, ma sempre presenti anche in esemplari eccezionali, sono: Gigantopecten, Pseudamussium, Manupecten, Hinnites...
Amusium cristatum è un pettinide inconfondibile dagli altri grazie al suo guscio molto sottile e la decorazione costituita da sole linee di accrescimento nell'esterno della valva e coste radiali all'interno, cosa tra l'altro molto particolare e tipica di questa specie.
Ha una forma rotonda molto regolare, anche se spesso si ritrova con i bordi danneggiati per la loro elevata fragilità; la conchiglia è inoltre simmetrica, equivalve ed equilaterale. Possiede un paio di orecchie piccole, confinate ai lati dell'umbone, di forma triangolare scalena; non c'è la crenulazione dell'attaccatura del bisso, infatti si tratta di una specie nuotatrice, come quelle del genere Pecten.
Ho trovato un esemplare danneggiato, di dimensioni non trascurabili, in un campo coltivato nei pressi di località Pisciarello, a Tarquinia; purtroppo le arature non hanno risparmiato il fragile profilo di questa conchiglia, infatti ci ho messo un po di tempo per riconoscere la specie. L'altro esemplare della Tuscia proviene dalle sabbie gialle a Flabellipecten del bosco di Tarquinia: esemplare abbastanza piccolo, di circa 15 mm di larghezza, danneggiato ma mostrante bene la lucidità e la levigatezza del guscio di questo mollusco.
Riconoscerlo dagli altri generi è molto facile: non avendo l'attaccatura del bisso si escludono subito i generi Chlamys e Mimachlamys; la conchiglia equivalve ed equilaterale esclude Aequipecten e Pecten; la costolatura molto particolare esclude tutti i generi messi insieme.
Specie molto comune non tanto nelle calcareniti gialle quanto nelle argille fossilifere della Turchina (Monteromano - Tarquinia).
Associate a specie incrostanti come briozoi, balani e anellidi, rinvenute vicino a Ostrea, Cerithium, Cochlis, Chama, Glycymeris, Conus, Potamides...
Sono molto fragili essendo quasi piatti e avendo una conchiglia molto sottile: non è raro trovarle nella terra semidistrutte, sparse insieme a frammenti delle stesse o altre specie, oppure trovarle frammentate nelle marne.
Gli esemplari rinvenibili in terra sono facili da estrarre e quelle ancora integre si possono conservare facilmente e raccoglierle senza romperle. Nelle terre coltivate della Macchia della Turchina sono di colore scuro, un grigio tendente al nero, questo per la condizione di sedimentazione in ambienti ossidanti diversi.
Si può riconoscere questa specie dalle altre della famiglia per la forma, che risulta da leggermente a molto allungata in direzione umbo-ventrale; per le orecchie, tipiche del genere Chlamys che sono diverse tra le due valve e anche asimmetriche nella stessa valva, infatti una è allungata e calcificata e l'altra piccola; infine per la costolatura, che permette più che altro di distinguerla dalla simile Chlamys multistriata: questa è infatti ornata da coste più irregolari, alcune delle quali "nascono" a una certa distanza dall'umbone e raggiungono il bordo della valva, distorcendo il percorso di quelle più lunghe: questo non succede in Chlamys varia, infatti tutte le coste che sfociano sul bordo ventrale partono dall'umbone. Un'altra caratteristica per distinguere le due specie congeneri è la forma: rotonda abbastanza allungata in C. varia, con i bordi laterali pressochè rettilinei, mentre l'altra specie è più rotonda, globosa e ha i bordi laterali non rettilinei.
Anche questa specie è vivente e si rinviene tuttora nel mar Mediterraneo.
Questa Chlamys ha una forma rotonda, con un rapporto altezza/larghezza che si avvicina all'unità, delle orecchie diverse ma abbastanza simili ornate da costoline radiali e una decorazione composta da grosse coste morbide attraversate da innumerevoli altre più fini.
A me sembra una via di mezzo tra Aequipecten scabrella e Flexopecten flexuosus: del primo ha la decorazione, formata da coste morbide e costoline più fini e fitte; del secondo ha la forma e la disposizione delle coste.
Si riconosce da A. scabrella per la simmetria della valva che in questa specie è molto spiccata; da F. flexuosus dalle coste, che sono meno morbide quelle grandi e troppo marcate quelle fini.
Ho trovato questo bivalve nelle sabbie gialle ad echinodermi e nel bosco di Tarquinia nelle sabbie a Flabellipecten, insieme ad altri pettinidi come A. scabrella e Flexopecten glaber.
Ispirato da un lavoro sui Pectinidae del Plio-Pleistocene umbro (LINK), vorrei fare una considerazione sulla variabilità di questa specie che a quanto pare è molto spiccata: gli esemplari trovati nel bosco di Tarquinia, nelle sabbie a Flabellipecten, presentano una forma rotonda molto regolare, con il profilo del margine ventrale quasi realizzato col compasso; questa è anche una caratteristica comune agli esemplari ritrovati nell'affioramento ad echinodermi sempre a Tarquinia, che a mio avviso presenta una litologia e un ciclo di deposizione molto simile a quello delle sabbie citate prima. Detto questo, posso dire che una caratteristica fissa di questa specie è la grandissima regolarità del profilo ventrale, e posso aggiungere anche la spiccata rettilinearità del margine umbonale (da una punta dell'orecchia all'altra) e la pressochè completa simmetria della valva.
Quello che cambia tra gli esemplari dei due affioramenti sono le coste e la loro disposizione: nelle sabbie a Flabellipecten si trovano delle Chlamys inaequicostalis che possiedono, come dice il nome, delle coste irregolari, leggermente confuse e molto morbide, le quali sono attraversate da linee radiali (costicine) ben marcate, fini e fitte, distanziate inegualmente l'una l'altra; negli esemplari delle sabbie ad echinodermi invece si trovano esemplari con coste molto più ordinate, marcate e definite, attraversate da linee radiali molto meno marcate e visibili, così tanto che a un primo esame si fatica a notare. La grande differenza tra le due "tipologie" di pettini sta proprio in queste coste, irregolari e confuse negli esemplari del primo affioramento, regolari e perfettamente distinguibili in quelli del secondo. Questo mi ha portato via molto tempo e causato non molti problemi, che ho risolto incappando nella pubblicazione prima linkata.
Classificazione incerta: di sicuro è diverso dagli altri Pectinidae ritrovati al bosco di Tarquinia, nei calcari gialli sabbiosi a Pecten flabelliformis. La forma più schiacciata riconduce a F. glaber invece che a Pecten flabelliformis: quest'ultimo presenta una forma diversa, orecchie molto più piccole e coste più fitte. La specie che ci si avvicina di più (e sulla quale ero orientato all'inizio) è Aequipecten scabrella, tuttavia non si nota quell'asimmetricità visibile ad occhio, l'orecchia di sinistra mi sembra molto raccordata col guscio e le coste mi sembrano più morbide e più vicine a F. glaber. Inoltre la caratteristica di questa specie è quella di essere più larga che lunga, o comunque avvicinarsi all'unità nel rapporto altezza/larghezza, cosa che A. scabrella non ha.
Ultimamente ho trovato anche altri esemplari di F. glaber, provenienti dalle colline intorno a Tarquinia, vicino all'Ara della Regina e dalle sabbie ad echinodermi che affiorano fuori le mura in direzione nord sempre a Tarquinia.
Questa specie è confondibile con la congenere Flexopecten flexuosus: per più informazioni leggi la scheda successiva a questa.
Questo pettine è facilmente riconoscibile dagli altri grazie principalmente alla costolatura, che consiste in 5 coste molto ampie e morbide, arrotondate, dal profilo sinusoidale; in particolare, le due più esterne risultano più piccole rispetto alle tre centrali. Queste coste principali sono attraversate da finissime linee radiali, poco o per niente visibili; a volte è possibile trovare esemplari in cui sono presenti delle coste secondarie, oltre alle 5 principali e molto simili a loro, che portano il conto delle stesse a circa 8.
L'unica specie confondibile con questa è la congenere Flexopecten glaber; dalle foto in questa sezione non si direbbe, ma il responsabile è la specie appena citata che con la sua variabilità può apparire estremamente simile a quella descritta qui. Le differenze ci sono, anche se sono molto arbitrarie e anche esse variabili: ad esempio in F. flexuosus le coste sono più forti e morbide, mentre in F. glaber possono essere anche più numerose, marcate e meno sporgenti; abbiamo poi la disposizione di 3 coste centrali e due laterali in F. flexuosus; comunque sia il carattere maggiormente usato e più "sicuro" per la distinzione delle specie è il numero di coste: 5 in questa specie, circa 10 in F. glaber.
Per approfondire, posto questo LINK che parla proprio delle differenze tra le due specie.
Ho trovato questo esemplare immerso nelle sabbie ad echinodermi a Tarquinia, accompagnato da altri pettini come Chlamys inaequicostalis, Aequipecten opercularis, A. scabrella, Flexopecten glaber e Chlamys varia.
Aequipecten opercularis è un pettine di taglia non indifferente, abbastanza fragile per il guscio molto sottile. Si può trovare sparsa insieme a Chlamys varia nei terreni della Macchia della Turchina, o nelle calcareniti dei dintorni di Tarquinia, dove si rinvengono esemplari anche grandi.
Come dice il nome, questa conchiglia è caratterizzata da una forma molto regolare: la simmetria è visibile tra le orecchie, tra i due lati della valva e tra le due valve stesse. Tuttavia (ed è un carattere decisivo per l'identificazione a colpo d'occhio) presenta una certa inequilateralità: guardandola con l'asse umbo-ventrale perfettamente verticale ci si accorge che un lato della valva è più protratto verso l'esterno dell'altro. Inoltre ha delle coste abbastanza fini e sottili, non troppo in rilievo, e delle piccole orecchie simili tra di loro.
Riconoscerla dagli altri pettini è facile, e questo avviene grazie alla piccola asimmetricità, al guscio sottile e al profilo molto circolare regolare del bordo ventrale, oltre alle piccole orecchie simili che permettono di arrivare al genere. Si potrebbe però confondere con alcune Chlamys varia che non siano molto allungate: qui ci aiuta la forma delle orecchie soprattutto, e anche il profilo della conchiglia. Con Aequipecten scabrella si riconosce facilmente per la diversissima decorazione di quest'ultima (vedi la sua scheda sotto).
Questo pettine è sostanzialmente simile a A. opercularis: se ne differisce solo dalla scultura, che è molto diversa ed è costituita da morbide e ampie coste radiali, basse e arrotondate, sulle quali corrono linee radiali più fini, fitte e marcate. E' tuttavia abbastanza variabile di costolatura, che però permette sempre di distinguere le due specie. Ha anche questa delle orecchie più o meno simili e di stessa dimensione, un profilo rotondo del bordo ventrale e l'asimmetria leggera nelle valve. Mi risulta che sia leggermente più bombata della congenere A. opercularis. E' sinonimo di Aequipecten radians: infatti questa specie è ora considerata la forma giovanile di A. scabrella, data l'estrema somiglianza della microscultura (come le finissime linee di accrescimento e quelle radiali) e della forma del corpo.
Qui nella Tuscia si trova frequentemente nelle argille sabbiose della Macchia della Turchina, a Sant'Agostino e nelle colline circondanti Tarquinia, incastonato nella dura calcarenite con ostriche e balani.
F. flabelliformis è un pettinide con una valva convessa e una piatta (può essere anche concava, tipico segno di appartenenza al genere Pecten), esile, sottile, con costoline ben visibili ma poco in rilievo nella valva piatta. Si trova, in questa zona, nelle aree boschive di Tarquinia, in calcari sabbiosi poco coesi, gialli, organici, detti appunto "sabbie a Flabellipecten flabelliformis" insieme a innumerevoli altri pettinidi, Ostrea e calchi di molluschi vari. Questi calcari sabbiosi rappresentano la serie stratigrafica successiva (cioè sovrastante, più recente) alla calcarenite gialla di Tarquinia (vedi "Luoghi di ritrovamento - calcarenite")
Attenzione alla pulizia, i bordi sono molto friabili, e quando si trova un esemplare intero (molto raro in questi calcari) bisogna fare moltissima attenzione a conservare il pezzo, anche per il trasporto.
Possiedo solo un esemplare in posizione di vita (foto principali), molto fragile e che ha richiesto abbastanza tempo per la pulizia, tuttavia non sono riuscito a togliere la parte calcarea più dura, che ho trasformato in un piedistallo: l'effetto ottenuto è stato ottimo ed ha prodotto uno dei più bei pezzi della mia collezione locale.
Si riconosce dagli altri pettini non troppo facilmente: se si ha la fortuna di trovarlo completo, si riconosce per le valve diverse (come P. jacobaeus ma con costole più fini), in generale ha le coste e le orecchie caratteristiche, e con le quali si può differenziare dagli altri pettini. Inoltre la conchiglia di F. flabelliformis è in generale più bassa e schiacciata degli altri pettini, e più discoidale.
I Pecten jacobaeus si possono trovare praticamente dappertutto nell'area litoranea compresa tra i fiumi Marta e Mignone: gli esemplari delle foto (dai 3 cm ai 10 cm) sono stati rinvenuti nelle calcareniti gialle poco fuori Tarquinia, associate principalmente alle Ostrea, ma anche a Balanus, brachiopodi come Terebratula, Chama incrostate e sono spesso incrostati da tubi di anellidi e briozoi.
La loro estrazione non è facile, perchè la calcarenite non si sfalda a fogli o lastre (non ha scistosità) ma si spacca in blocchi terrosi e informi, che spesso non seguono le forme del pettine, che si rompe. Consiglio di scavare tutto attorno al fossile finchè non si raggiunge una sezione critica della roccia tale che con una flessione si rompa nel punto voluto, lasciando integro il pettine: si procederà a casa con la pulizia della matrice, mettendo in risalto la forma a ventaglio e i dettagli delle coste. Trovare esemplari abbastanza integri non è raro, ma è più comune trovare porzioni o pezzetti di conchiglia.
Si differenzia dagli altri Pectinidae innanzitutto per la forma delle due valve: il genere Pecten è caratterizzato da bivalvi con una valva convessa e l'altra piatta o leggermente concava. In caso non si trovasse articolato (nella maggior parte dei casi), è molto facile distinguerlo dagli altri pettini avendo in mano sia la valva sinistra che quella destra.
Le valve piatte dei Pecten jacobaeus sono inconfondibili: grosse coste ben delineate e marcate, regolari e con sezione rettangolare e spigolosa; dimensioni elevate e orecchie identiche abbastanza grandi. La valva convessa è molto bombata e gibbosa, e già esclude specie come Mimachlamys varia o Flabellipecten flabelliformis; coste come nella valva inferiore, ben marcate e di sezione rettangolare; inoltre queste, in entrambe le valve, sono attraversate da fini linee radiali, così come negli spazi intercostali. Differenze principali con gli altri Pectinidae:
- con Flabellipecten flabelliformis le coste sono di importanza massima, infatti questa specie le ha più numerose, fitte e meno marcate
- con Mimachlamys varia la differenza è banale, infatti questa specie è molto più allungata e ha le crenulazioni del bisso; questa caratterizza esclude totalmente il genere Chlamys e Mimachlamys
- con Flexopecten glaber ci sono le dimensioni e le coste completamente diverse, oltre alle valve biconvesse
- con gli Aequipecten si guarda l'asimmetria della valva, e nelle varie specie casi le coste sono diverse: meno marcate e più fitte.
Una specie molto confondibile con P. jacobaeus è Pecten maximus: è una specie atlantica, quindi almeno per gli esemplari odierni non dovrebbero esserci problemi se si conosce la provenienza; per i fossili, non so se è presente anche questa specie nel Plio-Pleistocene italiano. La differenza tra le due specie, oltre alla distribuzione, sta nella sezione delle coste: rettangolari in P. jacobaeus, più raccordate e arrotondate in P. maximus.
E' una specie tuttora vivente, è la famosa "capasanta" che servono nei ristoranti, dalla conchiglia bianca candida o giallastra.
Ho trovato l'unico esemplare in mio possesso in un affioramento sabbioso di età pliocenica ricco di numerosi resti di echinodermi e corrispondente a un antica linea di costa bassa, immediatamente fuori le mura di Tarquinia in direzione nord, verso il letto del fiume Marta.
Questo pettine mi ha incuriosito perchè presenta differenze spiccate con le altre specie prima descritte: quella più evidente è la decorazione, formata da lievissime coste radiali in prossimità dell'umbone e altre poco più marcate al bordo della valva, mentre dal centro della valva fino a poco prima dell'umbone non si nota nessuna costa se non finissime linee concentriche di accrescimento.
La forma è vagamente triangolare, più larga di Chlamys multistriata e più stretta di Pecten flabelliformis, umbone acuto (anche se nel mio esemplare non è presente) e orecchie dissimili: una allungata, quasi rettangolare, ornata da coste che si diramano dall'umbone, l'altra più piccola e corta, quasi inesistente, molto aderente al lato della valva.
Le distinzioni con le altre specie specie sono: con Pecten jacobaeus la forma più allungata e la forma diversa delle orecchie, inoltre ha le coste radiali a sezione quadrata molto accentuate; con Pecten flabelliformis la forma meno aperta (= angolo umbonale più acuto), le coste radiali e la forma diverse; con Aequipecten opercularis dalle coste molto più accentuate di questa specie e in generale la forma, che è meno allungata, più aperta e più bombata (= valva più alta); con Chlamys multistriata dalla forma più allungata e coste più accentuate, anche se ha le orecchie asimmetriche come la specie qua descritta; con Amusium cristatum il fatto che questo presenta solo coste concentriche all'esterno e una forma rotondeggiante, non allungata, con orecchie minute.
Dalle differenze qui elencate mi sono sentito di classificare diversamente questo esemplare, che dopo varie ricerche è risultato appartenere alla specie qui descritta.
Il genere Palliolum in forma fossile è conosciuto in tutto il bacino del mare del Nord, della Manica, dell'Atlantico e del Mediterraneo. Questa specie in particolare è stata rilevata ad Almeria (Spagna), come la pubblicazione sui Pectinidae in capo alla pagina riporta, e nel Pliocene del Belgio. Questo pettine vive attualmente nel Oceano Atlantico e intorno alla Gran Bretagna.