Le Arcidae, affini ai Glycymerididae e Limopsidae, sono bivalvi di dimensioni medie caratterizzati da una forma generalmente allungata, molte coste come decorazione e una cerniera tassodonte, spesso molto estesa. Hanno un'area pianeggiante appena sotto l'umbone, compresa tra questo e la cerniera.
Sono tipiche di fondali sabbiosi, molte specie vivono sepolte nel limo o nella sabbia fine del fondo. Con circa 200 specie in tutto il mondo, sono molto comuni nel Mediterraneo e lo sono state anche nei mari plio-pleistocenici (l'ordine Arcoida risale all'Ordoviciano) come testimoniano i depositi italiani e mediterranei, ci sono infatti intere stratigrafie costituite da conchiglie di Anadara o Arca noae. Qui nella Tuscia viterbese sono abbastanza diffuse le Anadara darwini, dalla forma allungata, e le Arca noae. Ho trovato altre Arcidae anche nelle argille emiliane, ne ho vari esemplari provenienti da luoghi diversi, principalmente di Anadara diluvii.
Si potrebbero confondere con i Cardiidae o i Carditidae, ma la cerniera toglie qualsiasi dubbio: infatti quella tassodonte la possiedono solo questa famiglia, i Limopsidae, i Glycymerididae, i Nuculanidae e i Nuculidae.
L'identificazione delle varie specie può essere effettuata partendo dal genere: ognuno ha caratteristiche peculiari e forma diversa dagli altri, come ad esempio le Arca che sono allungate e massicce ma angolose, le Barbatia che sono altrettanto allungate ma dalle linee curve e morbide. Le specie sono altrettanto facili da riconoscere grazie principalmente alla forma e alla dimensione, quindi un riscontro fotografico è spesso sufficiente per togliere ogni dubbio.
Questo bivalve, abbastanza massiccio, ha una forma vagamente ovale-ellissoidale spezzata dal tratto rettilineo che comprende la cerniera. E' ornata da fitte coste radiali, come tutte le congeneri. L'interno della valva è liscio, si possono notare i tratti come seno palleale e attaccature dei muscoli; il bordo ventrale è marcatamente dentellato. L'umbone non è troppo sporgente, ma la sua grande dimensione garantisce una certa gibbosità alla conchiglia: sotto di esso, un tratto in piano (caratteristica di molte specie della famiglia) decorato con linee che convergono tutte verso l'apice dell'umbone. La cerniera è ovviamente tassodonte, molto fitta e più sottile al centro che alle estremità, dove si ingrandisce leggermente. La dimensione dell'esemplare in foto è di 26 mm di lunghezza, 20 di larghezza e 10 di altezza.
Questa conchiglia tipica dei fondi sabbioso-limosi si può facilmente trovare nelle argille plioceniche (classico ambiente di deposizione profondo, tranquillo e limoso) degli appennini italiani; l'esemplare in foto proviene da Monticelli, Quattro Castella (RE) ma l'ho trovata anche in frammenti nei calanchi a sud di Bologna e a Vignola, sul fiume Panaro, in argille blu.
Si riconosce facilmente dalle congeneri grazie alla forma: sono tre le principali specie di Anadara in Italia, A. diluvii, A. pectinata e A. darwini, ovviamente ce ne sono altre un po meno comuni: si differenziano per la forma, basta confrontarla ad esempio con la congenere che trovo qui nella Tuscia (A. darwini) che è molto più allungata.
Questa Anadara differisce dalle altre per la forma: infatti, ponendo la linea ventrale in posizione orizzontale (cioè come se si poggiasse su un piano immaginario), la cerniera risulta fortemente inclinata; in altre parole, ha i due lati della valva (quello anteriore e quello posteriore) marcatamente diversi, uno corto di almeno un fattore 1.5 rispetto all'altro, che come risultato danno l'inclinazione della cerniera.
Come già detto, questa specie si riconosce dalla altre grazie alla sua forma: infatti A. diluvii è più panciuta, globosa, meno allungata in direzione laterale e possiede una cerniera dritta; è però comunque asimmetrica, ha i lati infatti inclinati rispetto la linea della cerniera, ma non così tanto come in A. pectinata. Le differenze con A. darwini le trovo più complicate: ci sono dei documenti che mostrano esemplari di quest'ultima specie molto allungati e stretti, e altri invece più compatti e con una cerniera quasi parallela alla linea ventrale: penso quindi che la distinzione tra A. pectinata e A. darwini sia proprio questa inclinazione, molto accentuata nella specie qui descritta e poco invece in A. darwini, anche se non sono sicuro perchè non ho ancora trovato una descrizione seria di entrambe le specie.
Ho trovato questo piccolo esemplare (circa 8 mm) a Vignola (MO) associata a molti mini-bivalvi come Limopsis, Lucinoma, Timoclea, piccoli pettinidi e Corbula.
Arca noae è un bivalve dalla forma inconfondibile, trovabile comunemente anche nelle spiagge odierne. Possiede un corpo allungato in direzione laterale, che può raggiungere grandi dimensioni (dell'ordine degli 8 cm), massiccio e spesso, corrugato negli esemplari molto grandi. E' ornato da coste radiali e concentriche, le prime predominanti sulle seconde; le linee concentriche sono molto sviluppate soprattutto nei grossi esemplari, e risultano calcificate e ispessite nei bordi del mollusco, mentre quelle radiali sono abbastanza ben marcate e visibili e creano una specie di retinatura sulla superficie esterna. Umbone grande e ampio, che porta la conchiglia ad essere gibbosa e sviluppata in altezza; tra esso e la cerniera esiste un'area piatta ornata da righe a zig-zag nette e ben visibili, variabili tra un esemplare e l'altro. Il lato posteriore della valva è biforcato, in modo poco o molto evidente. La cerniera percorre la maggior parte del bordo umbonale.
Arca noae è un mollusco inconfondibile: le specie odierne si riconoscono a colpo d'occhio per la zebratura, mentre i fossili, avendo perso la colorazione, si riconoscono dalla cerniera piatta e ampia e coi caratteristici disegni a zig zag: avendo in mano una conchiglia corrispondente a questa descrizione, non ci si può sbagliare.
Oggi esiste un'altra Arca molto simile a noae, Arca tetragona, che si differenzia dalla prima per la dimensione minore, la conchiglia non biforcata all'estremità, la forma più squadrata e trapezoidale e l'assenza della zebratura (è tutta bruna); inoltre ci sono altre caratteristiche geometriche consultabili qui (LINK). Si hanno testimonianze di questa specie fossile nel Pliocene-Pleistocene italiano.
Gli esemplari in foto sono calchi interni di questa specie di mollusco: si riconoscono dalla forma, dagli umboni e dalla zona piatta tra di essi. Provengono dalla Toscana e purtroppo non ho informazioni più specifiche riguardanti periodo o punto preciso di ritrovamento, anche se probabilmente provengono dal grossetano e risalgono al Pliocene.