La famiglia Conidae raccoglie molluschi molto simili tra di loro, di forma doppio conica e dalle dimensioni che vanno da piccole (circa un centimetro) a molto grandi (anche 20 cm): il loro habitat ideale è la sabbia, dove vivono strisciando e infossandosi, ma non disdegnano nemmeno i fondali a coralligeno o rocciosi, a patto che ci siano zone sabbiose dove ripararsi1. Sono predatori notturni (anche se alcune specie sono attive anche di giorno) e la loro arma è il famoso "pungiglione" velenoso, un dente cavo uscente da una proboscide che serve unicamente ad uccidere le prede, mentre con la radula (modificata a forma di arpione) viene letteralmente agganciata la preda2. Il veleno dei Conidae è un mix di neurotossine (ad esempio quello del Conus geographus, capace di uccidere un uomo con una sola puntura, ne contiene centinaia di tipi diversi) che permettono al cono di paralizzare le prede per cibarsene: infatti questi molluschi non si nutrono di alghe o di organismi sessili o "lenti", ma bensì di pesci, vermi e molluschi! Alcuni addirittura hanno comportamenti cannibali, arrivando a divorare gli altri congeneri1.
Questi fantastici ed evolutissimi molluschi sono anche i più apprezzati dai collezionisti: delle oltre 700 specie moltissime presentano colori sgargianti, livree particolari e dimensioni elevate. I coni tropicali sono i più richiesti perchè più appariscenti dei cugini temperati o di profondità (sono stati dragati esemplari di Conus hivanus a 1250 metri di profondità nella Polinesia francese1).
In ambito paleontologico, i Conidae non sono molto rari ma nemmeno molto comuni nei depositi terziari: non sono troppo fragili, quindi si possono trovare sia nelle delicate argille che nelle sabbie, più grossolane, ma anche in altre rocce più dure e consolidate come i calcari; tuttavia gli esemplari meglio conservati rimangono ovviamente quelli nelle argille (vedi i Conus antideluvianus di Vignola, o i Conus della Macchia della Turchina qui nella Tuscia) e nelle sabbie non coerenti (come i Conus francesi). Il genere più diffuso è Conus, ma nel Miocene e Pliocene sono presenti anche Hemiconus e Leptoconus, tutti caratterizzati dalla forma biconica. Le varie specie sono difficili da classificare, sia per i tratti molto sottili che le differenziano che per le buone condizioni in cui si devono presentare per permettere una determinazione certa, dato che molto spesso l'erosione cancella le caratteristiche salienti di un esemplare. I tratti da osservare per l'attribuzione delle varie specie sono le dimensioni, l'altezza della spira (anche se può variare all'interno della stessa specie), la forma della teleoconca (suture, profilo, carena, eventuali tubercoli, strie spirali) e la forma dell'apertura (bordi paralleli o no, stretta o larga).
In questa serie di pagine (LINK) si possono trovare interessantissime informazioni sui coni, che fanno ben capire quanto siano evoluti e complessi questi organismi: notizie riguardo habitat, veleno e pericolosità, sistema radulare, anatomia...
I coni del Miocene francese sono descritti in "Actes de la societèe linneenne" volumi 82 e 83.
Cono dal guscio abbastanza spesso e solido, di piccole dimensioni (18 mm il mio esemplare, 29 mm riportati sull'atlante) e dalla forma stretta e slanciata. La spira ha giri scalati e angolosi: l'angolo si trova all'incirca tra il centro e il terzo superiore del giro. La prima parte del giro è leggermente convessa, mentre la parte terminale (quella superiore, cioè dopo l'angolosità) è rettilinea e scende verticalmente, parallela all'asse della conchiglia: questa è una delle caratteristiche per distinguere questa specie da Conus subturritus. I giri sono da sei a sette più la protoconca, separati da suture strette; la parte superiore del giro (quella verticale) è ornata da due linee spirali molto fini, non visibili nel mio esemplare perchè erose, mentre la parte inferiore (quella concava) è attraversata da linee curve di accrescimento che danno un aspetto di "saldatura" alla superficie. L'ultimo giro misura all'incirca i 7/10 della lunghezza totale, è angoloso nella parte iniziale e molto attenuato e convergente nella parte terminale, è ornato da finissime linee spirali che intersecandosi con le strie di accrescimento formano dei rettangoli (ho aumentato la saturazione e la nitidezza nelle foto appositamente per far notare queste strie); sulla base sono presenti linee oblique ben marcate come in molte specie di Conus. L'apertura è stretta e dai bordi paralleli; il labbro è arcuato, anche se nel mio esemplare non si vede perchè mancante. Il bordo columellare rettilineo e obliquo presenta una deformazione vicino al canale sifonale, una rientranza che rende la parte terminale concava.
Oltre a C. subturritus, gli altri coni che si potrebbero avvicinare a questa specie sono:
- Conus antideluvianus: facilmente riconoscibile per i tubercoli che ornano i giri della spira.
- Conus puschi: forma simile ma molto più grande, spira più alta, possiede 12 giri di teleoconca.
Questa specie è segnalata nel Tortoniano e nel Langhiano.
Il Conus subturritus ha un guscio poco spesso, di taglia medio-piccola (20 mm il mio esemplare più grande, 31 mm riportati sull'atlante), una forma ben slanciata e acuta, dalla punta aguzza; i giri sono nove, dei quali i primi tre sono di protoconca (visibili anche nei miei esemplari), lisci e convessi, mentre gli altri di teleoconca sono angolosi e presentano una carena che insiste nel terzo superiore del giro stesso. I primi giri (quelli post-embrionali) sono ornati da una tenue granulazione, a volte poco visibile per l'erosione. L'angolosità forma due regioni in ciascun giro: quella superiore (più vicina all'ultimo giro) è declive e non verticale, cioè tende leggermente a rientrare all'interno verso l'asse del mollusco; quella inferiore (più vicina all'apice) è invece piana o leggermente convessa. Le caratteristiche di questa carena e l'inclinazione dei bordi del profilo è un indice di distinzione tra questa specie e Conus dujardini. L'ultimo giro misura circa 8/10 della lunghezza totale, è ristretto nella parte sifonale ed è percorso da finissime linee spirali e linee di accrescimento ricurve; i bordi dell'apertura boccale risultano paralleli, con un labbro ricurvo che ricalca la forma delle linee di accrescimento (i miei due esemplari l'hanno entrambi rotto) e bordo columellare rettilineo, obliquo e leggermente distorto verso la parte terminale, così come nella specie Conus dujardini.
Si riconosce da quest'ultima per una serie di caratteri ben apprezzabili:
- il profilo della spira: in Conus dujardini abbiamo una prima parte concava e una seconda diritta e verticale, mentre in C. subturritus abbiamo una prima regione piana (o leggermente convessa) e una seconda rettilinea ma declive.
- la dimensione: C. subturritus è più grande di C. dujardini.
- la forma generale risulta più slanciata in questa specie (infatti il suo angolo all'apice è più acuto).
Nell'atlante si legge che Conus subturritus, essendo molto simile a C. dujardini, potrebbe rappresentare la forma ancestrale di quest'ultima specie; infatti le prima è segnalata dall'Aquitaniano fino al Langhiano inferiore, mentre la seconda dal Langhiano al Tortoniano.